martedì 16 luglio 2024   |  
foto Giorgio Mangani
   

Francesco Merloni

Il secolo dello sviluppo Internazionalizzazione e coscienza territoriale

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La politica del programma

Politics of the Heritage

When I was young both the liberal and the marxist politicians and economists said that, to invest in culture, you had to make money before. Culture was at the end of the value chain; if you had got a welfare condition, then you could think to Art and Culture.
Things changed actually a lot in the while. Culture-driven development, Creative classes and cities, Knowledge-based economies have become to-day new slogans and fashionable recepies, master keys for the local economic development. They seem a kind of revenge of the Culture on the Industrial production, now obliged to fully overturn the old style of thinking because of the need to make innovation and manufacturing cool products in the place of mass goods.
This manual shows how long Culture and Cultural Heritage have been exploited in the economic and political world, in the building of the modern state nations, then to face to the first Western crisis of the Fordist paradigm in the Seventies of the last century, till to try inventing the new European Union cultural identity.
The twenty-two chapters of this book also offer a shrewd path through many banal and simplifyng, sometimes too bright pictured approaches to the culture-led development and its satellite notions, clearifying the bad and good sides of this theory, to make able the reader, and possibly the planner, to find his/her original and site-specifc way in the always mobile and different on going territorial contexts.

Giorgio Mangani taught geographical matters in the Universities of Urbino, Ancona, Bergamo, Milano (Iulm) and now Bologna (Ravenna Campus).
He is specialist of history of geographical thinking and map-making (Renaissance atlases, Mercator’s cosmology, Fifteenth-century city views as art of memory tools, humanist geographers), theory and management of the landscape and the local culture-driven development, topics to which he dedicated many books and essays. He has a long standing experience as a manager and adviser of cultural, public and private institutions (he was director of the museums network of the Province of Ancona, President of the Mole Vanvitelliana Foundation and Assessor for Culture in the Common of Ancona, cultural adviser of the Pesaro Cassa di Risparmio Foundation). He has also been working for forty years as editor and manager of Il Lavoro Editoriale Publishing House.

   

 

La politica del programma

Giorgio Mangani, a cura, LA POLITICA DEL PROGRAMMA. - Scritti politici di Claudio Salmoni

 

 

 

   
 

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Ambasciatore imperiale a Venezia, letterato, alchimista, ex galeotto, collezionista, finto abate di San Martino di Walska, spia, Domenico Federici (Fano, 1633-1720) sembra lo spregiudicato personaggio di un romanzo di Victor Hugo.
Fondatore con la propria raccolta del nucleo originario della Biblioteca civica di Fano che ha preso il suo nome, Federici apprestò, tra l’altro, una collezione di carte geografiche delle città e dei paesi del XVI-XVII secolo, diventata nel tempo un atlante molto particolare utilizzato come ausilio dei suoi interessi politico-militari, che ha preso il nome di Theatrum civitatum e che viene qui riproposto con un ampio apparato storico e critico.

Giorgio Mangani è storico del pensiero geografico. Si occupa di geografia culturale, storia della cartografia, teoria e storia del paesaggio e del territorio. Tra i suoi libri: Il disegno del territorio. Storia della cartografia delle Marche (1998, con F. Mariano); Il “mondo” di Abramo Ortelio. Misticismo, geografia e collezionismo nel Rinascimento dei Paesi Bassi (1998, rist. 2006); Cartografia morale. Geografia, persuasione, identità (2006); Geopolitica del paesaggio. Storie e geografie dell’identità marchigiana (2012); Gherardo Cibo, dilettante di botanica e pittore di paesi (2013, con L. Tongiorgi Tomasi, Premio “Pasquale Rotondi” 2014); Antichità inventate. L’archeologia geopolitica di Ciriaco d’Ancona (2017); La bellezza del numero. Angelo Colocci e le origini dello stato nazione (2018).

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Angelo Colocci e le origini dello stato nazione

Un personaggio esotico con un cappello da mago e il cosmo in mano sta in piedi al centro della Scuola di Atene di Raffaello nella Stanza della Segnatura vaticana. Vasari pensava che fosse Zoroastro. Secondo l’ampia ricostruzione di questo libro si tratta di Angelo Colocci (Jesi 1474 – Roma 1549), Segretario Apostolico, Presidente dell’Accademia Romana, studioso di geografia, cosmologia e di corrispondenze micro-macrocosmiche, amico di Bramante, Raffaello e di Egidio da Viterbo. Nel libro Colocci emerge come un personaggio centrale per la cultura, l’arte, il rinnovamento urbanistico, la letteratura, la scienza, a Roma nella prima metà del Cinquecento. Primo collezionista di antichità, studioso dell’antica metrologia (a lui si deve l’identificazione della misura del piede romano, poi chiamato colocciano), bibliofilo, curatore di edizioni di poeti contemporanei, teorico della lingua volgare e pioniere degli studi romanzi, Colocci si rivela figura decisiva in numerosi contesti disciplinari, al centro di una vastissima rete di contatti e di relazioni, capace di mettere a punto quelli che sarebbero diventati i fondamenti dello “stato nazione” moderno: l’impiego dell’heritage come veicolo di sovranità, la lingua e la formazione delle classi dirigenti.

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Il Vescovo e l antiquariato

Il vescovo e l'antiquario

Mangani Giorgio

Giuda Ciriaco, Ciriaco Pizzecolli e le origini dell’identità adriatica anconitana

Due personaggi raccontano in questo libro, a distanza di dieci secoli l’uno dall’altro, due storie adriatiche, legate all’identità del confine, dei luoghi mediatori di conflitti, di incontri e scontri tra culture. La storia di Giuda Ciriaco, santo protettore di Ancona, l’ebreo scopritore della croce di Cristo divenuto vescovo cristiano, apre una finestra sui rapporti tra cristiani ed ebrei a Gerusalemme nel V secolo, nel momento in cui si originano una nuova identità cristiana e, insieme ad essa, paure, ansie e conflitti. Trasferita ad Ancona da Gerusalemme nell’ambito di rapporti politico-diplomatici della città con gli imperi d’Oriente e d’Occidente, una delle prime testimonianze dell’impiego politico delle reliquie, la storia del santo ebreo viene ricodificata da nuovi significati e diverse sensibilità culturali. Dal culto delle reliquie utilizzate come dono diplomatico dall’impero bizantino muove anche la storia di Ciriaco Pizzecolli, mercante e antiquario di Ancona, per costruire, nella prima metà del XV secolo, l’idea della tradizione classica come heritage, patrimonio della civiltà occidentale, attraverso l’invenzione del collezionismo delle antichità. Ciriaco sostituisce le sacre reliquie cristiane con le reliquiae antiquitatis, ma con la stessa funzione: “resuscitare i morti” come definiva la sua missione. Ma il suo progetto, condiviso con gli imperatori bizantini e con il cardinale Bessarione, è sopratutto politico: creare una nuova immagine, appetibile per l’Occidente, all’impero d’Oriente per presentarlo come erede e custode della civiltà occidentale, al fine di sostenere la sua pressante richiesta di aiuto economico e militare contro l’avanzata turca. Grazie al lavoro capillare e infaticabile di relazioni, contatti e viaggi nell’Adriatico, nell’Egeo e nei Balcani, Ciriaco radicò in meno di trent’anni, tra le classi dirigenti europee, ciò che diventerà il modello della educazione occidentale, il suo “capitale culturale”, creando le condizioni per la nascita dell’Umanesimo e del Rinascimento italiani. Mercante, diplomatico, cortigiano, antiquario, spia, Ciriaco d’Ancona rappresenta, in maniera parallela alla storia di Giuda, un tipo di cultura nata e sviluppatasi in between, capace di attraversare in forma non autoritaria, imprevedibile e a volte opportunistica, il conflitto di civiltà del suo tempo. Essa rappresenta i modelli culturali “liquidi” utilizzati come serbatoi di resistenza dalle città stato tardomedievali come Venezia, Genova, Ancona e Ragusa alle prese con gli equilibri perennemente instabili e conflittuali della regione adriatica, sui quali vale la pena di ragionare oggi, alla dissoluzione dello stato nazione contemporaneo, nel mezzo di nuovi blocchi ideologici e religiosi.

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 Gherardo Cibo. Dilettante di botanica e pittore di 'paesi' - 2013
Arte, scienza e illustrazione botanica nel XVI secolo

A cura di Giorgio Mangani e Lucia Tongiorgi Tomasi

Nel 1540 Gherardo Cibo (1512-1600), nobile cavaliere pronipote di papa Innocenzo VIII e nipote di Caterina Cibo, duchessa di Camerino, parente dei della Rovere, decide di ritirarsi a Rocca Contrada, nel Ducato di Urbino (oggi Arcevia), per dedicarsi completamente allo studio delle piante, alla pittura di paesaggio ed alla sperimentazione di tecniche innovative nella conservazione e riproduzione delle specie botaniche, cimentandosi nella miniatura, nel disegno di paesaggio, nell’arte di fare i colori, nella stampa a matrice naturale delle piante, nella preparazione di erbari secchi e dipinti.

Artista e scienziato allo stesso tempo, Cibo è in contatto con i maggiori studiosi del tempo come Pietro Andrea Mattioli e Ulisse Aldrovandi e si dedica a rappresentare, sullo sfondo delle piante rintracciate nel corso delle sue numerose spedizioni botaniche, i paesaggi delle Marche e dell’Umbria, restituendo lo skyline rurale e urbano del tempo, mescolando la fedeltà al dato naturale con una sorta di idealizzazione arcadica della semplicità della vita in campagna, che è anche espressione di una sensibilità religiosa evangelica ispirata alle idee della Riforma.

Dell’opera di Cibo, personalità riservata e modesta, si perse ben presto memoria e i suoi disegni andarono dispersi in numerose biblioteche del mondo, spesso attribuiti ad artisti nordici o fiamminghi, fino a quando diversi codici e disegni furono rintracciati ed a lui attribuiti da Lucia Tongiorgi Tomasi. Ora raccolti, catalogati, riprodotti e studiati in questo straordinario volume illustrato, che spiega anche per quale motivo il paesaggio marchigiano sia stato percepito per molto tempo come un’Arcadia ideale.

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Geopolitica del paesaggio - 2012

La tradizione locale attribuisce al paesaggio delle Marche, regione a marcato policentrismo, un’insistita funzione identitaria. Studiato da due generazioni di storici economici come espressione di un secolare modo di produzione agricola fondato sulla mezzadria, il paesaggio marchigiano viene analizzato in questo libro da un altro punto di vista: cioè per la funzione ideologica e politica della quale lo hanno incaricato, in forme diverse, le classi popolari e dirigenti della regione nel corso dei secoli. Entro l’apparentemente immobile “lunga durata” dei fenomeni geografici ed economici si anima, invece, un continuo tentativo di utilizzare il paesaggio come veicolo di istruzione delle coscienze, come mezzo di comunicazione, di autopromozione delle oligarchie urbane e persino degli Stati come il Ducato di Urbino, che lo trasforma in paradigma geopolitico: lo “Stato paesaggio” governato da una “città-giardino”, la Pesaro dei Della Rovere. La celebrazione del “bel paesaggio” marchigiano influenza in maniera determinante anche il progetto sociale e culturale dell’Arcadia romana e si rivela, in questi saggi che analizzano a campione episodi tra l’VIII secolo e l’età contemporanea, anche un potente meccanismo che agisce come “invenzione della tradizione” e come strumento, complesso e sofisticato, di immaginazione geopolitica, qui studiato con gli strumenti dell’“archeologia” di Michel Foucault, dell’antropologia economica e della geografia culturale.

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Le gole della montagna rossa - 2012
Mangani Giorgio

L'avventurosa storia culturale, politica e amministrativa, tra polemiche ed entusiasmi, della nascita e dei quindici anni di attività del più esteso Parco naturale regionale delle Marche.

A cura di Giorgio Mangani

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Il Lavoro Editoriale. Catalogo storico - (1979-2009)
Mangani, Pasquinelli
"Allora, com'è cominciata? Non eravamo proprio quattro amici al bar, perchè questo genere di civiltà non ha mai fatto parte delle abitudini di Ancona, ma l'immagine aiuta."

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La collezione cartografica

G. Mangani, a cura, La collezione cartografica della Fondazione Cassa di Risparmio di Pesaro, Ancona, Il Lavoro Editoriale, 2008

Il catalogo completo di una collezione dedicata alla cartografia storica dell’antico Ducato di Urbino, acquisita dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Pesaro e oggi consultabile tra le opere d’arte conservate nel palazzo Montani Antaldi.
Insieme al repertorio delle carte, un’introduzione alla storia della rappresentazione del territorio pesarese ed urbinate, dalla quale emerge una nuova interpretazione della passione collezionistica dei Duchi di Montefeltro Della Rovere, che  sembra aver profondamente influenzato l’organizzazione territoriale del Ducato.
Impossibilitati a costruire uno stato organico, a causa della soggezione feudale del Ducato allo Stato della Chiesa e della sua struttura politico-economica fondata prevalentemente sulla prestazione di servizi militari all’esterno, i Montefeltro Della Rovere concepirono infatti il Ducato come una collezione di magnificenze, di città e di terre singolarmente legate al Duca, senza mai tentare la costruzione di uno stato territoriale di tipo postfeudale, che avrebbe probabilmente irritato il potere papale.
Strutturato in questo modo, il Ducato investì nel mito piuttosto che nella omogeneizzazione del territorio; nel mito di uno stato concepito e rappresentato come un giardino: uno “stato paesaggio”.

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Cartografia morale

G. Mangani, Cartografia morale. Geografia, persuasione, identità, Modena, Franco Cosimo Panini Editore, 2006

Il paradigma della mappa ha condizionato profondamente l’evoluzione del pensiero scientifico moderno, ma anche della religione, dell’arte della memoria e della letteratura.
Avvalendosi di una trentennale confidenza con lo studio della cartografia storica, Giorgio Mangani spiega in questo saggio i fondamenti retorici del funzionamento delle carte geografiche (il cosiddetto mapping) e sottolinea la loro funzione di strumenti per organizzare il pensiero, per memorizzare, argomentare, in definitiva per persuadere. Fu per questo motivo che descrizioni geografiche e mappe, prima di diventare quel che sono oggi, furono prevalentemente utilizzate come strumenti dell’argomentazione e della classificazione. Ciò spiega anche per quali motivi il saggio sperimentale teorizzato dalla nuova scienza baconiana del XVII secolo abbia utilizzato come modelli, alla sua nascita e consapevolmente, la cartografia e il racconto di viaggio.
Sfruttata per disporre gli argomenti in modo memorizzabile e persuasivo, la cartografia (una scienza non a caso imparentata con la “topica” della retorica antica) è stata infatti per secoli quello che per noi sono oggi la scienza della comunicazione e della pubblicità (anche gli atlanti del secolo XVI furono percepiti socialmente come nuovi “mezzi di comunicazione”, capaci di anticipare il linguaggio televisivo moderno). Di qui il peso determinante esercitato dalle mappe e dal mapping nello sviluppo della autoconsapevolezza individuale moderna e delle cosidette identità nazionali e locali.
Come sottolinea l’autore, non sono state le mappe a veicolare i simboli, ma è stata piuttosto la logica del simbolo a fondarsi sul linguaggio cartografico.
Un’analisi della retorica cartografica indispensabile a tutti coloro che fanno uso di mappe e vogliono capirne, oltre al fascino, l’enorme potere che esse mettono in campo.

Reperibile su http://arte.fcp.it/index.php/cartografia-morale.html

 

The English in the Marche

The English in the Marche - 2005
Collier, Gretton, Lee, Lussu

From the end of the nineteenth century to the 1970s, four women writers of English origin described their individual encounters with an Italian region that is little known to the wider public: the Marche. This land presented a sweet, fertile undulating landscape, with many fortified villages in which the inhabitants seemed to be stuck in time. This was, at least, the opinion of an English traveller of that time, such as G. Gretton. In 1860, G. Gretton described the backwardness of the ruling classes and the bad government of the Papal States.

After her marriage to a handsome Garibaldian officer, the aristocrat M. Collier, moved to the Marche and provided an account of the excessive promiscuity in the relationships between the gentry and the farmers, who, in truth, did not differ greatly. J. Lussu, who was Margaret Collier’s granddaughter, narrated the story of her English ancestors and their adventurous and romantic pilgrimage to the Marche. Towards the end of the eighteenth century, they moved there in search of freedom, the same ideal that always inspired Lussu’s life as a committed writer and an active politician.

V. Lee set a gothic story in Urbania in the Montefeltro at the end of the nineteenth century. She transformed the sweet landscape of the Marche into a misty, damp moor, which provides the background for an impossible and fatal love story between a Polish visitor, the historian Spiridion Trepka, and a mysterious portrait of a wonderful lady, Medea of Carpi, who died four hundred years beforehand.



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Nomi di paesi

G. Mangani, P. Persi, a cura, Nomi di paesi. Storia, narrazioni e identità dei luoghi marchigiani attraverso la toponomastica, Ancona, il lavoro editoriale, 2005

Secondo Marcel Proust, i nomi dei paesi sono all’origine di una specie di eccitazione della fantasia e della memoria. A differenza delle parole (che hanno invece perso questa forza per essersi appiattite nel comunicare informazioni divenute stabili), essi evocano immagini interiori che fanno viaggiare la nostra mente in un mondo di colori e di odori con il potere di condizionare la stessa percezione dei luoghi veri e con il rischio di farceli apparire deludenti. Il nome di Firenze, per esempio, gli richiamava l’immagine di una città profumata come una corolla, mentre quello di Parma gli evocava il colore mauve delle violette, che diventava subito profumo pungente. Prendendo a prestito il titolo di un capitolo della Recherche, questa guida, nata nell’ambito di un progetto di ricerca condotto all’Istituto di Geografia dell’Università di Urbino, cerca di ricostruire la forza evocativa, emotiva dei nomi dei luoghi marchigiani, la loro funzione di traccia della memoria per storie, aneddoti, favole, ma anche per le vicende storiche realmente accadute, trasfigurate nella tradizione popolare in forme simili al linguaggio dei sogni. Ne emerge un itinerario della memoria e dell’identità locale, derivato non solo dalle corrette etimologie toponomastiche, ma anche, e soprattutto, dalle storpiature e dalle derive fantastiche che hanno storicamente caratterizzato l’imposizione dei nomi ai luoghi e la loro continua ricodifica. Una guida a quanto vi è (e resta) di “intraducibile” di un territorio, argine apparentemente impalpabile, ma in realtà duro come la pietra, contro la “totale traducibilità” dei luoghi imposta dalle dinamiche culturali della globalizzazione.

ePub

 

L'immagine delle città - 2001
Mariano Fabio
A cura di Fabio Mariano, con scritti di Nando Cecini, Giorgio Mangani, Fabio Mariano.

L'assetto di un territorio e lo sviluppo delle città non vengono condizionati solo dalle infrastrutture materiali – le strade, i flussi economici, gli insediamenti – ma sono anche espressione di tradizioni e valori immateriali.
L'immagine delle città ricostruisce le forme, le tecniche, le ideologie e i modelli culturali che hanno influito in età moderna sulla percezione dei luoghi, nel territorio dell'attuale Provincia di Ancona, nella loro rappresentazione tecnico-scientifica come in quella artistica.
La città e il territorio, letti attraverso la storia della cartografia, della veduta paesistica, delle guide (di viaggio, artistiche e storiche) e dell'immagine fotografica si rivelano in questo modo, non solo per la storiografia delle Marche ma anche per la storia della cultura, documenti da interrogare con strumenti nuovi, rivelando informazioni essenziali per una comprensione non superficiale dell'identità dei luoghi.

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Il “mondo” di Abramo Ortelio

G. Mangani, Il “mondo” di Abramo Ortelio. Misticismo, geografia e collezionismo nel Rinascimento dei Paesi Bassi, Modena, Franco Cosimo Panini Editore, 1998, ristampa 2006

Abramo Ortelio (Anversa, 1527-1598), antiquario, collezionista tra i più autorevoli dei Paesi Bassi, al centro di un cenacolo di artisti, umanisti e cultori degli studi classici, pubblica ad Anversa, nel 1570, il primo atlante geografico a stampa dell’età moderna: il Theatrum orbis terrarum, che diverrà ben presto, dopo numerose riedizioni e traduzioni nelle principali lingue, il libro forse più venduto del secolo XVI, nonostante fosse tra i più costosi.
Con un’indagine che ricostruisce la personalità di Ortelio anche attraverso i suoi rapporti epistolari, scientifici e religiosi entro l’ambiente mistico degli affiliati alla setta clandestina della “Famiglia dell’Amore” di Anversa - popolato dalle personalità intellettuali più importanti e significative del nord Europa (tra le quali Pieter Bruegel il vecchio, il tipografo Cristoforo Plantin, l’orientalista Guillaume Postel, gli artisti Philip Galle e Joris Hoefnagel) - questa monografia indaga sul significato cifrato e profondo della pubblicazione cartografica del grande geografo, sulla sua funzione di simbolo del progetto di pacificazione e di convivenza tra le diverse fedi in lotta in Europa, che costituiva una delle aspirazioni familiste e di gran parte dei movimenti radicali e “libertini” del tempo.
Attraverso l’analisi della funzione irenica e provvidenziale del Theatrum emerge anche, nel volume, il nuovo ruolo esercitato dalla geografia e dalla conoscenza cartografica nella nuova sensibilità religiosa e nelle aspirazioni politiche dell’età della Riforma, entro l’attenzione per un inedito empirismo, ancora profondamente legato alla mentalità simbolica degli emblemi e a quella enciclopedico-astrologica dei “teatri del mondo”.

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Il disegno del territorio. Storia della cartografia delle Marche

G. Mangani, F. Mariano, Il disegno del territorio. Storia della cartografia delle Marche, Ancona, 1998, Il Lavoro Editoriale

La ricostruzione del disegno del territorio attraverso i documenti cartografici è probabilmente un modo didatticamente utile per ripercorrere, attraverso possibili letture incrociate, la storia delle Marche e della loro immagine attraverso la rappresentazione geografica.
Per quanto sia inscindibile dalla evoluzione delle conoscenze tecnico-rappresentative – delle quali si cerca qui di offrire una introduzione critica – la rappresentazione cartografica è anche innegabilmente il frutto di strategie di carattere ideologico, culturale, politico ed economico che spesso emergono dai documenti, se letti nel modo appropriato.
Questo lavoro sul disegno del territorio nella regione intende offrire al lettore alcuni strumenti per "leggere" un vasto patrimonio storico iconografico nel suo contesto scientifico e culturale, attraverso i due saggi che aprono il volume e con le numerose schede che vogliono analizzare una scelta, ampia se non forse esaustiva, dei documenti cartografici manoscritti ed a stampa, di carattere tecnico, amministrativo, scientifico e, in generale, artistico iconografico, raccolti nel corso di una esperienza più che ventennale dai due autori, che si è avvalsa anche di informazioni derivate dal mercato antiquario e dai più aggiornati repertori internazionali, più di una volta integrati e corretti in modo inedito dalle ricerche qui prodotte.
Un notevole supporto è derivato anche dalla disponibilità di importanti collezioni cartografiche che, anche nelle Marche e forse nelle Marche più che altrove, sono state conservate e raccolte: da quelle delle biblioteche Oliveriana di Pesaro, Federiciana di Fano, Comunale di Urbania e di Macerata, sino alle raccolte private di Romolo Eusebi – acquisita recentemente dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Pesaro – e quella di Fabio Mariano, e non ultima quella della Cartoteca Storia delle Marche di Serra San Quirico.
Il volume intende offrire un primo organico repertorio capace di orientare lo studioso come il collezionista, ma anche chi fa uso delle carte come fonte per la ricerca storica o la gestione del territorio, tra le diverse forme dell'espressione geografica, le varie edizioni di uno stesso prototipo (spesso con varianti quasi impercettibili), le strategie "ideologiche" di comunicazione speso sottese alle informazioni geografiche, da quelle espansionistiche del potere politico, a quelle editoriali dei grandi librai olandesi e romani, a quelle giornalistiche degli "atlanti" fra XVI e XVIII secolo, a quelle turistiche, commerciali, militari e fiscali della cartografia fra XIX e XX secolo.
Un ampio apparato iconografico qualitativo di grande formato consente inoltre una lettura attendibile e piacevole delle carte.

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La tutela impossibile

G. Mangani, La tutela impossibile. Beni culturali e sviluppo regionale, Ancona, Il Lavoro Editoriale, 1995

Trenta anni di regionalismo non hanno modificato, rispetto agli ultimi cento anni, il carattere della politica dei beni culturali delle Marche, come è invece accaduto in altre regioni italiane. Con questi tre saggi dedicati allo studio delle esperienze di tutela del patrimonio marchigiano, Giorgio Mangani si interroga sulle occasioni ancora non colte per rendere questa politica una occasione di sviluppo e di progresso.

Volume esaurito

 

C. Bazerman, Le origini della scrittura scientifica. Come è nata e come funzione l’argomentazione del saggio sperimentale, edizione e traduzione italiana a cura di G. Mangani, Ancona,Transeuropa, 1991

Nel 1672 Newton pubblica sulle Transactions della Royal Society di Londra l’articolo Una nuova teoria della luce e dei colori ed è subito polemica tra gli esperti di ottica. Nel replicare più volte ai suoi critici, Newton si accorge delle difficoltà con cui Hooke, Huygens e gli altri studiosi comprendono il senso da attribuire ai suoi esperimenti, spesso neppure verificati, per replicargli con considerazioni prevalentemente teoriche.
Irritato da queste incomprensioni, Newton progetta e realizza allore, nelle sue successive opere, un rigido edificio logico-deduttivo, fondato sulla previsione di ogni possibile controversia, che la successiva scienza ha considerato per secoli il modello di ogni scrittura scientifica.
Inserendo l’originale mediazione di Newton per trovare la giusta strategia retorica alle esigenze della sua emergente teoria ottica, Charles Bazerman offre qui una esemplare descrizione dei caratteri distintivi del saggio scientifico moderno e delle strategie retoriche messe in campo per essere accettato dalla comunità dei ricercatori.

Volume esaurito

 

 

L'Idea delle Marche

G. Mangani, a cura, L’idea delle Marche. Come nasce il carattere di una regione nella società dell’Italia moderna, Ancona Il Lavoro Editoriale, 1989
Secondo premio 1989 ”M. Pavan” Città di San Donà del Piave per opere sulle culture locali

I saggi di questo libro ricostruiscono in che modo è sedimentata nella cultura italiana contemporanea l'idea dei caratteri originali delle Marche. Provincia contadina e in precarie condizioni di vita nelle rilevazioni statistiche dell'età risorgimentale, popolata da personalità generose e malinconiche nelle relazioni dei viaggiatori, l'idea delle Marche attraversa i filtri delle ideologie sociali dell'Italia moderna, dal laborismo - che celebra l'operosità e la parsimonia del mezzadro marchigiano - alla rivincita del fortunato modello economico marchigiano, negli anni Settanta, che investe le opere e le attività della regione di una nuova sensazione di scoperta e di meraviglia inedite. La stampa, la pubblicità, la storia sociale e moderna della cultura, persino il cinema degli anni Cinquanta e Sessanta, sono occasione in questo volume per ricostruire, senza campanilismo, come è stata ritratta nella cultura di massa questa provincia italiana nei suoi più significativi e noti luoghi comuni.

 

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